Grazie mille ragazze
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Capitolo 4Avete presente quando vi sembra di aver appena chiuso gli occhi che già dovete alzarvi? Odio svegliarmi in quel modo, è come non aver dormito mai durante la notte.
Erano le 07.43, la sveglia sarebbe suonata due minuti dopo, inutile farla suonare, quel “driiiiin” non lo sopportavo proprio.
Mi stiracchiai e rimasi ancora pochi secondi nel letto, poi mi decisi di alzarmi e svegliarmi meglio allenandomi un po'.
Feci qualche Rond de Jambe in terza posizione appoggiato alla finestra che fungeva da sbarra, e qualche esercizio base per sciogliere i muscoli delle gambe. Le scarpe con le punte cominciavano a farmi male ai piedi, dato che ero un po’ fuori allenamento.
Dopo essermi lavato e vestito scesi di sotto dove servivano la colazione. Presi un caffè e un croissant, poi mi diressi nella hall, dove però non vedevo ancora nessuno degli altri.
Mi accomodai su una poltrona e aspettai.
Dopo le 08.00 scesero Cornelius con altri due tecnici e aspettammo David che arrivò puntuale alle 08.30. Calli, l'autista, ci scortò in aeroporto.
Nel bar dell'aeroporto incontrammo Dirk e i ragazzi seduti a un tavolo, David li chiamò e loro vennero verso di noi ognuno con i suoi bagagli, tranne il cantante che stava flirtando con la cameriera.
David si avvicinò a lui e congedò la ragazza che aveva appena dato il suo numero a Bill. Lui lo guardò con rimprovero e discussero per un quarto d'ora, solo che non riuscii a sentire niente, erano troppo lontani da me.
Tutti mi guardavano, tutti sapevano come era andata ieri notte.
Feci finta di niente e presi il cellulare fingendo di essere molto impegnato, ma un rumore di passi svelti mi distrasse facendomi alzare lo sguardo.
Il suo viso etereo e pallido era solcato da profonde occhiaie, che si affrettò a occultare indossando gli occhiali da sole.
Nessuno osava dirgli niente, il suo nervosismo si notava lontano un miglio di distanza e dava l'impressione che sarebbe stato capace di azzannare qualcuno se gli avessero chiesto anche soltanto l'ora.
Salutò tutti tranne me, non mi guardò nemmeno.
Una volta saliti sull'aereo, io e gli altri viaggiavamo in seconda classe mentre i ragazzi e David erano stati spostati in prima. Una Hostess mi venne a chiamare dicendo che ero desiderato dal frontman dei Tokio Hotel.
Io mi alzai prendendo fiato e oltrepassai una tendina azzurra che divideva le classi. Tutto era molto più moderno e spazioso, elegante e raffinato. La hostess mi indicò un posto in disparte, mentre gli altri seduti tutti più o meno vicini mi guardavano attraversare il corridoio, trovai Bill e lui mi fece segno di sedermi.
Mi fulminò con lo sguardo dicendo: -Tu non hai nessun diritto di…-
-Aspetta, Bill, lasciami spiegare…- gli dissi con un tono pacato.
-Non interrompermi!-
Abbassai gli occhi e rimasi in silenzio.
-Mi hai fatto prendere una sgridata assurda da David; se tu non avresti voluto fare l'eroe a quest'ora non avevo litigato con nessuno, e ti avrei semplicemente ignorato, come è giusto che sia. Perché tu non sei niente, te ne rendi conto? Non pensare di aver acquistato punti sulla mia fiducia dopo ieri notte, hai solo peggiorato la situazione. E non fare l'amico per favore, di amici ne ho quanti ne voglio, te sei solo un assistente. La prossima volta fatti i cazzi tuoi, che so cavarmela da solo-
Si voltò verso la piccola finestra con la vista mozzafiato di tante nuvole candide e qualche scorcio di oceano, e non mi rivolse più la parola.
Io mi alzai e tornai in silenzio in seconda classe, con lo sguardo basso, sentendo gli occhi di tutti puntati su di me.
"Certo che un grazie sarebbe stato sufficiente, Bill…" pensai amareggiato.
Dopo non so quante ore di volo atterrammo in Russia. Il freddo era di gran lunga peggiore di Berlino, non riuscivo a smettere di tremare finché non entrammo in un'arena dove i ragazzi si sarebbero esibiti il giorno dopo.
Non avevo molto da fare se nn guardare gli operatori indaffarati a montare il palco, quindi decisi di fare un giro anche per controllare il backstage. Passai accanto ai camerini e li vidi, rimanendo sulla soglia.
Bill fumava come al solito e rideva divertito mentre Georg faceva una buffa imitazione del gemello, che lo guardava cercando di non ridere con un sopracciglio alzato.
Mi sfuggì una risata e il cantante si accorse di me.
Mi guardò corrugando la fronte e diventando serio di colpo. mi osservava concentrato, come se volesse leggermi nel pensiero. Io distolsi lo sguardo e me ne andai.
Mentre camminavo per il corridoio vuoto, sentii dei passi dietro di me diventare sempre più veloci, mi voltai e vidi Bill venire verso di me. Mi spinse addosso alla parete e mi prese per la maglietta, con il viso vicinissimo al mio.
-Si può sapere che cazzo vuoi da me? Mi segui sempre, sei come un'ombra-
Io non risposi, trovai il coraggio di guardarlo negli occhi e mi persi in quella profondità color ambra.
Abbozzando un sorriso malefico disse: -Ti piaccio forse?-
Vidi una strana luce nei suoi occhi. Una cosa strana da spiegare, non era più il ragazzo dolce che parlava dell'amore durante le interviste, non era il Bill che si emozionava sul palco mentre cantava una canzone, ma nemmeno lo stronzo di sempre, era diverso sembrava... Crudele. Vidi un lampo di una strana luce diabolica attraversargli lo sguardo, e in un attimo mi spaventai. Che fosse quella la paura di cui parlava Tom? La stavo provando anch'io? Non riuscii a pensare, perché mi ritrovai le sue labbra premute contro le mie, in un bacio rabbioso e violento.
Dopo essersi staccato da me, si leccò le labbra e mi guardò ancora con quello sguardo. Mi lasciò la maglietta e girò i tacchi, tornando nel camerino a grandi falcate.
Io rimasi lì nella stessa posizione, anche quando una ragazza addetta alle pulizie si avvicinò e mi sventolò una mano davanti agli occhi.
Mi ridestai da quello strano stato di coma e senza dire una parola tornai al mio posto a fissare immobile gli addetti che montavano il palco e i tecnici che si occupavano delle luci.
Non riuscivo ancora a crederci, mi sudavano le mani e il cuore batteva all’impazzata, credevo che mi sarebbe schizzato via dal petto.
Era una cosa così impossibile, perché Bill Kaulitz avrebbe dovuto baciare proprio me, che come aveva già detto, ero solo un semplice assistente? Mi aveva detto chiaro e tondo che dovevo stargli alla larga, invece...
“Dio, non ci sto capendo più niente..” mi premetti le mani sulle tempie e scossi la testa.
-Bill, vogliamo fare qualche prova audio?- gridò Cornelius correndo sotto il palco.
Lui arrivò correndo con Gustav alle calcagna e ridevano entrambi come due ragazzini. Il batterista fece dietro front ancora ridendo e lasciò da solo Bill sul palco, che assunse un’aria molto professionale. Gli passarono il microfono e un ragazzo basso si avvicinò facendogli indossare un paio di strane cuffie.
Dopo un paio di minuti, partì la base e lui cominciò ad esercitare la voce prima di attaccare con la canzone.
Rimasi lì in disparte ad ascoltare con gli occhi chiusi quella voce. Non avevo mai ascoltato niente di simile, mi vennero i brividi solo pensando quanto sarebbe stato bello mentre cantava, ma preferii tenere gli occhi chiusi e concentrarmi di più sulla voce che sul suo aspetto. Il suo canto mi scivolava sulla pelle, era una melodia dolce, così dolce da lasciarmi trasportare e dondolai piano su quelle note.
Aprii i miei occhi.
I suoi mi rapirono.
Fissavano me mentre cantava e le note gli uscivano più rabbiose, poi quando la musica era più dolce socchiudeva gli occhi e alzava le sopracciglia, regalandomi un’espressione così tenera...
Mi sorrise per un decimo di secondo, poi distolse lo sguardo e si dimenticò di me.
Mentre parlavamo con gli altri a pranzo Natalie notò che c’era qualcosa che non andava. Mi si avvicinò e disse a bassa voce:
-So che sei abbastanza riservato, ma oggi lo sei molto di più, sei ancora turbato per la storia di Bill?-
-Quale storia?- dissi alzando gli occhi per guardarla. Pensavo che avessero già scoperto cosa fosse successo in corridoio, ma poi mi rassicurai quando le sentii dire: -Si, del fatto che ti ha trattato male stamattina in aereo... Ero lì dietro, ho sentito ciò che ti ha detto-
-Ah... No, non è per quello, sono solo un po’ stanco, credo sia normale-
-Sei sicuro?- disse squadrandomi dal basso verso l’alto.
-Si si-
-Beh, forse il viaggio ti ha stancato. Riposati, stasera non abbiamo nulla da fare-
Annuii e diedi un ultimo morso al mio panino.
Verso le 19.00 andammo tutti in hotel, mentre distribuivano le camere io stavo seduto su una poltrona nella hall aspettando che mi chiamassero per consegnarmi la chiave della stanza.
Georg si avvicinò e si sedette della poltroncina davanti a me, io gli sorrisi e lui si scostò una ciocca di lunghi capelli come solo lui sapeva fare.
-Sai, tuo fratello era bravo, ma te fai questo lavoro solo da tre giorni e sei già ai suoi livelli-
Sentii le mi guance avvampare e sorrisi imbarazzato.
-Non vedo l’ora che arrivi domani, il primo concerto del tour è sempre più emozionante degli altri-
-Anche io non vedo l’ora, non sono mai stato ad un concerto...-
-Davvero?-
-Già. Credo che vederlo dal backstage però non sia la stessa cosa-
-Beh ci sono i pro e i contro. Sicuramente quando lo vedi dal parterre o dalle tribune fa tutto un’altro effetto, è come una magia-
Annuii cercando di immaginare le milioni di fan fissare quel biglietto tra le mani e piangere di gioia a pensare che solo poche ore le separavano dai loro idoli.
-Un giorno lo vedrai un concerto, che musica ti piace?-
-Mi piacciono molto i Placebo, hanno fatto un concerto a Madrid ma non potevo permettermi il biglietto...-
In realtà la storia era un’altra, ma cercai di mascherare la mia tristezza con un lieve sorriso.
-Piacciono anche a Bill... Ti prometto che un giorno ti porterò ad un loro concerto-
-Lo faresti davvero?-
-Certo, perché non dovrei-
-Georg, io non so davvero cosa dire...-
Lui mi diede una leggera pacca sulla spalla alzandosi e disse: -Non devi dire niente, quando faranno il tour ci andremo-
Io non sapendo come esprimere la mia gioia lo guardai e dissi solo: -Grazie-
Mai avrei pensato di farmi qualche vero amico durante quel tour, credevo che le star fossero tutte un po’ come Bill, anche se il suo comportamento mi incuriosiva parecchio. C’era qualcosa in lui di strano, non era sempre così stronzo, con i ragazzi si comportava bene, tranne qualche volta che litigava anche con loro. Di una cosa ero sicuro, non lo avevo mai visto litigare con Tom, anche se lui mi aveva detto che prima di partire avevano avuto una discussione. Bill nascondeva qualcosa a tutti, qualcosa di estremamente tragico che gli era successo in passato, ne ero certo. La voce del direttore dell’hotel mi ridestò dai miei pensieri, pronunciò il mio nome alzando una chiave. Io mi avvicinai e lui me la porse gentilmente.
Salii al sesto piano e cercai la camera numero 516. Incrociai Bill e Tom nel corridoio, quest’ultimo mi salutò gentilmente, mentre il cantante non mi degnò neanche di uno sguardo. Dopo aver trovato la camera guardai verso sinistra e vidi Bill entrare in una stanza due porte più giù della mia, e Tom in quella dopo.
“Bene, ci mancava solo averlo sullo stesso piano, così potrò torturare la mia mente incontrandolo in continuazione e desiderarlo ogni volta”
Dopo aver disfatto le valige mi sdraiai sul letto per rilassarmi, ma il cellulare squillò e dovetti alzarmi visto che lo avevo lasciato sul davanzale della finestra.
Sullo schermo lessi un nome che in quell’istante mi rese il ragazzo più felice della terra.
-Signora Sveva...- risposi contento.
-Ciao tesoro, come stai?- rispose l’anziana signora con una voce dolce.
Era la donna che mi insegnava danza classica, l’ex prima ballerina.
-Bene, grazie, adesso sono a Mosca, qui fa veramente freddo... Lei come stai??-
-Come una vecchia che si emoziona a sentire la tua voce. Mi mancano i pomeriggi in tua compagnia... Dimmi, com’è Mosca? Fai un salto a vedere il teatro Bol'šoj, non ti immagini cosa sia, io ballai Giselle negli anni 50, ancora lo ricordo come fosse ieri...-
Parlava sempre di quando era giovane e di quanto era aggraziata sulle punte... Io vidi le locandine che tutt’ora conserva a casa e le foto di quando ancora danzava, era semplicemente un’incanto.
La conobbi quando avevo appena undici anni...
Una calda mattina di agosto, giocavo da solo lungo il marciapiede del mio quartiere di Valencia. Rubai a un giornalaio una rivista a caso e cominciai a sfogliarla accorgendomi che parlava di danza. Dopo le prime immagini mi ero già demoralizzato, vedendo quelle ballerine così leggiadre che sembrava che volassero, credendo che non avrei mai potuto essere come loro.
Ero seduto sul ciglio del marciapiede e gettai via la rivista, quando lei mi si avvicinò e mi rimproverò:
-Ti sembra il modo di trattare l’ambiente? Non è bello gettare la roba per strada, ragazzino. Oh... ancor meno bello se quello che stai gettando parla di un’arte così raffinata!- disse abbassandosi e raccogliendo il giornale. Era una donna alta e molto magra, con i capelli grigi raccolti in una crocchia e un vestito completamente nero che la copriva dal collo fino alle caviglie. Il viso con appena qualche ruga e le labbra sottili pennellate di rosso acceso.
Io mi scusai e lei si avvicinò dicendo: -Vieni con me, sto giusto andando in un posto dove credo imparerai molto-
Così mi prese per mano e io andai con quella sconosciuta nel teatro principale.
Non ci ero mai stato, era troppo bello e lussuoso per un bambino come me, che si accontentava di giocare per strada.
Le luci si abbassarono e il sipario si alzò. Per tre ore rimasi incantato senza distogliere mai lo sguardo dal palco. Non lo dimenticherò mai. “Il lago dei cigni”.
Rimane tutt’ora la mia opera preferita.
Cominciò tutto da lì.
-Ma allora ci sono anche dei ragazzi che ballano!- le sussurrai tutto contento vedendo dei ballerini sulle punte che facevano volare le ragazze vestite da cigno.
-Certo, non è mica un’arte solo per donne-
Con un sorriso smagliante continuai a godermi lo spettacolo e mi sentivo gli occhi di lei addosso, con un sorriso simile al mio, per quanto era felice di avermi trasmesso il suo amore per la danza.
Quando uscimmo le dissi: -Ma non sarò mai come loro...-
-Perché no? Vieni da me, ti darò io delle lezioni-
-Dice sul serio?!-
-Certo tesoro, sono stata una ballerina anch’io, anche se per colpa di questa dannata gamba non volteggio da anni- disse indicando la gamba sinistra con il bastone a cui era appoggiata.
Con i problemi di salute che aveva mia madre dovetti rifiutare, visto che facevo di continuo avanti e indietro tra la scuola e l’ospedale, e le lezioni di danza le rimandai per un anno. Compiuti i dodici anni mollai gli altri impegni e dopo la scuola andavo da lei di nascosto.
Era come una seconda mamma per me, le volevo troppo bene, e poi, è grazie a lei che volevo realizzare il mio sogno di diventare un ballerino professionista.
Sorrisi e smisi di pensare alla mia infanzia. Giocherellai con la tenda color porpora, avrei voluto davvero visitare quel famoso teatro, ma purtroppo non avevo tempo...
-Magari avessi tempo per andarci, sto qui solo fino a dopodomani, poi partiamo per Amsterdam-
-Troppo poco tempo, tesoro-
-Lo so, sono qui per lavoro, non posso permettermi di svagarmi purtroppo-
-Starai lontano da me per troppo tempo, lo sai che ti chiamerò ogni giorno, vero?-
-Io mi arrabbio se non lo fa- le dissi ridendo.
-Li fai i tuoi esercizi? Quando tornerai ti rimetterò sotto pressione, lavoreremo duramente, devi essere perfetto quando farai le audizioni per entrare alla Julliard-
-La Julliard. Magari... è una scuola troppo prestigiosa, già so che non mi prenderanno mai-
-Tu non ti rendi conto del talento che hai, Francisco-
Qualcuno bussò alla porta.
-Sveva, devo andare ora-
-Va bene, chiamami quando hai un secondo libero, ciao tesoro mio-
-A domani- dissi mandandole un bacio. Attaccai e corsi verso la porta.
Quando aprii vidi Gustav che giocherellava con un paio di bacchette tra le mani.
-Ehi Francisco, volevo sapere se ti andava stasera di unirti a noi, andiamo a cena in un ristorante in centro-
-Grazie Gustav, ma sono un po’ stanco, preferirei riposare-
-Ma dai! Anche gli altri vogliono che tu venga, siamo solo noi della band, tu sei quello che si avvicina di più alla nostra età e ci troviamo bene con te, quindi ci fa piacere se esci con noi-
Ci pensai un po’ e dopo pochi secondi di indecisione annuii sorridendo.
-Va bene, ma non posso fare tardi, altrimenti domani non posso svegliarmi presto-
-Perché? Sei un tipo mattiniero? Meno male, ho trovato qualcuno simile a me-
Risi e poi risposi: -Si, perché devo tenermi allenato-
-Intendi dire con la danza? Fico, posso venire a vederti?-
-Oh, non ho mai avuto uno spettatore- dissi arrossendo.
-Beh, da oggi ce l’hai! Allora, preparati e ci vediamo nella hall verso le 21.00, ok?-
-Ok-
Richiusi la porta e mi feci subito una doccia calda, aprii l’armadio guardando attentamente i vestiti che avevo sistemato poco prima.
Non c’era molto da scegliere, optai per una Maglietta bianca a maniche lunghe con scollo a V e un gilet di lana nero.
Un paio di Jeans scuri e semi distrutti, e scarpe nere non molto eleganti.
Quando mancavano solo dieci minuti all’ora prestabilita, indossai il cappotto e una sciarpa bianca, visto l’inverno rigido a cui non ero abituato, e scesi di sotto.
Passai davanti alla stanza di Bill e dopo essermi accertato che nessuno mi vedesse posai l’orecchio sulla porta e rimasi in ascolto.
Niente, forse si stava vestendo.
Presi l’ascensore e notai con mia grande sorpresa che stavano tutti e quattro aspettando me.
-Su, Francisco, non hai fame?- disse Tom ridendo.
Io mi avvicinai a loro sorridendo e dissi: -Grazie dell’invito ragazzi-
-Oh, non ringraziarci tutte le volte, durante questo tour passeremo molto tempo insieme, sei l’unico dello staff che ha la nostra età, non possiamo lasciarti scappare ahahah- disse Georg.
Bill accennò a malapena un sorriso e mi guardò alzando un sopracciglio.
Uscimmo dall’hotel e una limousine ci scortò in centro.
Era naturale, avendo solo pochissimi anni di differenza io e i ragazzi avevamo molte cose in comune. La serata passò velocemente tra chiacchiere e scommesse che Gustav rifilava continuamente a Georg, che mi facevano morire dalle risate. A ristorante Bill si sedette vicino a me e ogni tanto mi lanciava qualche occhiata.
Le sue battutine acide non mancavano mai, ma per quasi tutta la cena rise spensieratamente e parlò a lungo con tutti. Ovviamente tutti tranne me. Quando provavo a parlargli mi rispondeva giusto con un si o un no, non discuteva con me come faceva con gli altri. Non capivo il suo comportamento, evidentemente si divertiva ad ignorarmi, ma non riuscivo a detestarlo. Dopotutto, non riuscivo nemmeno a non pensare a quel bacio.
Bill Kaulitz era un vero mistero per me. Così bello per quanto stronzo.
Notai uno strano rapporto con Georg, un minuto prima si detestavano a vicenda e poco dopo ridevano spensierati come se due migliori amici.
Mentre passeggiavamo per le strade moscovite, i ragazzi leggermente brilli barcollavano ridendo, mentre i gemelli, sobri come me, ridevano sentendo le cazzate che sparavano a raffica Gustav e Georg.
Tom si offrì volontario per andare ad aiutare i ragazzi che dicevano di dover vomitare ed entrò in un bar con loro. Bill fece una faccia schifata e rimase fuori con me accendendosi una sigaretta, già la quinta da quando eravamo usciti dal ristorante.
-Non dovresti fumare...-
Mi guardò alzando un sopracciglio e facendo un lungo tiro.
-E tu dovresti farti gli affari tuoi-
Scossi nervosamente la testa e ci rinunciai. Tanto ormai non avevo più speranze di riuscire ad instaurare un rapporto con lui.
Fece una risata amara e mi prese il volto con due dita facendomi voltare a guardarlo.
-Mi diverti, sei così timido...-
Io rimasi rapito dai suoi occhi, così come quando mi aveva baciato nel corridoio del backstage.
Mi accarezzò il mento con un dito e mi liberò da quella dolce presa.
Non sapevo come comportarmi, non sapevo cosa dire. Ero rimasto lì a guardarlo come un’idiota, non volevo liberarmi dalla magia dei suoi occhi.
Purtroppo distolse lo sguardo concentrandosi su una ragazza che ci passò davanti, che nonostante il gelo, indossava un corto vestitino verde, mettendo in mostra un paio di gambe e un sedere che Bill non poté non apprezzare.
Tornò a guardare me e con un sorriso divertito disse: -Proprio come pensavo. Non l’hai nemmeno guardata-
-L’ho guardata, ma con gelosia-
-Perché, vorresti avere un paio di gambe come quelle?- disse divertito
-No, perché vorrei che tu mi guardassi allo stesso modo-
Lui diventò serio e io mi pentii immediatamente per quello che avevo detto, che stupido ero stato! Lo avevo detto ad alta voce quando volevo solo pensarlo.
“Maledetta boccaccia” pensai maledicendomi.
Ero uscito allo scoperto, ormai non era più un segreto che mi piacesse. Abbassai gli occhi e arrossii violentemente. Lui non disse niente, e la cosa mi spaventò.
Quando arrivarono gli altri Tom notò subito il mio cambiamento d’umore.
-Tutto ok?- mi chiese.
-Si, sono solo un po’ stanco-
-Allora torniamo in hotel, almeno portiamo a letto anche questi due-
Georg e Gustav accusavano un forte mal di testa e, ovviamente dopo una sbronza, volevano solo andare a dormire.
Nella hall, mentre Tom si avviò verso la reception per prendere le nostre chiavi, Bill scarabocchiò qualcosa su un tavolo lì vicino, e dopo, in ascensore, mi infilò nella tasca del cappotto un biglietto.
In corridoio salutai i ragazzi e lui mi guardò con una strana espressione. I suoi occhi erano così penetranti tanto da farmi desiderare di perdermici dentro.
Mi fissò per qualche altro secondo prima di sparire nella sua camera.
Quando io entrai nella mia, mi chiusi la porta alle spalle e mi affrettai a tirare fuori il biglietto.
“Vieni nella mia suite tra mezz’ora”